Tour operator Brasile
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In ricordo di Giancarlo Frecchiami di Michele Antonelli - Vedi tutti i nostri Reportage di Victor Hart
Ho conosciuto Giancarlo Frecchiami un anno fa a Treviglio dove viveva con la madre semi-inferma in un quartiere di case popolari. Il mio lavoro mi porta spesso a vedere il quotidiano delle persone “normali”. Giancarlo abitava, dico abitava, perché è morto circa due mesi fa a causa di diverse disavventure accadutegli. Quando mi aprì la porta Giancarlo, mi apparve un uomo sperso, trasandato. Una maglietta di lana logora e sporca, la barba di qualche giorno invecchiavano un volto già segnato dal dolore. Nonostante ciò, con fare gentile, quasi caritatevole mi pregò di accomodarmi. Fino a quel momento non sapevo nulla i lui. Mi ero fatta l’idea di un uomo come tanti, che aveva buttato la vita su una sedia senza piu’ riuscire ad alzarsi. Lui mi disse preoccupato che non aveva piu’ nemmeno i soldi per mangiare. L’unità sanitaria locale non riusciva per quel giorno a mandargli un’infermiera per fare la solita iniziazione curativa. Gli chiesi come mai si trovasse in quella situazione; e lui, facendomi accomodare, mi raccontò la sua disavventura. Giancarlo Frecchiami era un giornalista, fotografo. Fu incaricato di fare un servizio in Brasile per conto di una rivista italiana. Fece dei servizi sulle tribu’ indios del Brasile, che gli avevano lasciato un ricordo bellissimo e a cui si aggrappava, mentre me ne parlava appassionato. Una casualità lo mise di fronte alla delinquenza locale. Fu malmenato e lasciato sulla strada quasi morto. Giancarlo non si riprese dalla brutta avventura e ritornato in Italia, dopo una lunga convalescenza, non riuscì a trovare altri incarichi. Fu abbandonato da tutti e da se stesso. Gli occhi rossi, la voce rotta dal pianto e quella sigaretta oramai alla fine, gli bruciavano le dita ingiallite. Rimasi impietrito e sentii un brivido correre lunga la schiena. Prima i uscire gli diedi delle sigarette e qualche soldo che avevo in tasca. La mia non fu elemosina ma solidarietà per un uomo distrutto, privato anche dell’unica cosa che spesso ci tiene in piedi: la dignità. Una volta ritornato in strada respirai a lungo l’aria fresca del fine inverno. A presto Giancarlo.
dalla redazione di Promobrasil
peccato non averti più con noi e non leggere i tuoi stupendi reportage che ci mandavi.
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